Gli operatori del mercato immobiliare spesso si interrogano sulla possibilità di sottoscrivere contratti di locazione commerciale che deroghino a specifiche previsioni del principale testo normativo vigente in materia, ossia la Legge 27 luglio 1978, n. 392.
Come rapportarsi, ad esempio, rispetto alla richiesta di introdurre in un testo contrattuale la facoltà recesso ad nutum a favore del locatore o, ancora, di introdurre a favore di quest’ultimo la facoltà di impedire il rinnovo di un contratto di locazione alla prima scadenza per qualsiasi motivo?
Un primo tassello risolutivo circa la piena derogabilità all’anzidetto testo normativo, è dato dal testo letterale del Decreto Legge n. 133/2014 che ha introdotto il terzo comma dell’articolo 79 della Legge n. 392/78, il quale ammette espressamente pattuizioni in deroga alla predetta legge purché ciò avvenga nell’ambito delle “grandi locazioni”, ossia in quelle per le quali sia pattuito un canone annuo superiore ad Euro 250.000,00 (salvo che per particolari tipologie di immobili).
Se è dunque vero che l’articolo 79 – per come ora appare – per un verso, sanziona la nullità di “ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”, per altro verso oggi ammette, “nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000”, una generale facoltà delle parti a concordare pattuizioni in deroga all’insieme normativo descritto dalla Legge n. 392/1978.
Pur in presenza di un tale dato normativo all’apparenza così chiaro, nel vigore del nuovo disposto, la prassi consolidatasi tra gli operatori del settore ha evidenziato particolare prudenza, anche nelle grandi locazioni, rispetto all’utilizzo delle facoltà derogatorie che l’art. 79 della Legge n. 392/1978 offre, evidentemente, anche solo in parte, per timore della loro legittimità.
Ebbene, l’ordinanza n. 3399 del 6 febbraio 2024 della Corte di Cassazione, ha chiarito in maniera ancor più decisa la portata applicativa dell’articolo 79 della Legge n. 392/1978, precisando che nelle “grandi locazioni” commerciali (i.e. nelle locazioni aventi un canone annuo superiore ad Euro 250.000,00) possono essere inserite clausole derogative a tutte le prescrizioni “imperative” della Legge n. 392/78, riconoscendo dunque in capo alle parti la facoltà di negoziare liberamente le clausole su durata minima, rinnovo automatico, prelazioni, recesso per gravi motivi, recesso del locatore, indennità a fine locazione e indicizzazione e/o aumenti del canone.
Tale facoltà derogatoria, spiega la Corte, è riconosciuta in capo alle parti per le sole “grandi locazioni” in ragion del fatto che, in questo contesto negoziale, il conduttore – visto l’importo negoziato – non è ritenuto essere “parte debole” del rapporto e quindi meritevole di maggior tutela, fattore che, invece, impedisce nella normalità delle locazioni commerciali la negoziazione di termini e condizioni in deroga alle disposizioni di cui alla Legge n. 392/1978, strettamente protettive del conduttore (cfr. art. 79, co. 1, e Cass., 30 settembre 2019, n. 24221).
Pertanto, alla luce della richiamata pronuncia, deve ritenersi ormai superato ogni dubbio relativo alla piena derogabilità delle prescrizioni imperative della Legge n. 392/78 e, dunque, si deve intendere rimessa alla libera contrattazione delle parti la pattuizione di termini più o meno favorevoli alle parti nelle condizioni previste dall’art. 79 della Legge n. 392/1978.